A partire dal 1890 il Ministero della Guerra del neonato Regno d’Italia si era posto il problema di quali strategie mettere in campo per garantire la difesa del capoluogo ligure dagli attacchi navali nemici. Dichiarate inefficaci la maggior parte delle batterie costiere esistenti, i cui pezzi di artiglieria erano evidentemente datati, si decise che la difesa del Golfo di Genova doveva essere assicurata da tre nuove batterie: la prima a ponente, la seconda sulla diga foranea e la terza, quella di cui parleremo, a Monte Moro. Nasce il progetto per la Batteria Costiera «Nino Bixio» della Regia Marina. I lavori preparatori iniziano negli anni dieci del ‘900. Partono gli espropri dei terreni per costruire la strada militare che da Apparizione, allora comune autonomo, arriva sulla collina del Moro. I lavori, però, procedono a fasi alterne. iniziati intorno al 1913 vengono sospesi nel 1914 quando Genova è dichiarata città aperta. Riprendono nel 1915 con nuovi espropri nelle aree che saranno sede della batteria costiera. Molte delle costruzioni previste dal progetto iniziale vengono edificate ma la postazione non sarà mai terminata e mai armata. Negli anni fra le due guerre, palazzine e costruzioni varie vengono reimpiegate per altri usi. Intorno agli anni trenta, la caserma della Bixio viene trasformata in Stazione Radio telegrafica della Regia Aeronautica mentre la linea dei pezzi che doveva ospitare i cannoni costieri da 280mm L. viene riconvertita per ospitare una batteria contraerea. Sulla vetta, forse riutilizzando una costruzione esistente, viene predisposto il Posto Vedetta batteria. Il progetto per la difesa del Golfo genovese con una possente batteria costiera viene prima accantonato e poi definitivamente abbandonato. Fu un errore e ce ne accorgemmo nel febbraio 1941 quando, in piena seconda guerra mondiale, la flotta inglese dell’ammiraglio Sommerville percorre tutto il Mediterraneo, sbuca dal promontorio di Portofino e bombarda pesantemente la città. L’azione nemica riporta all’attenzione delle gerarchie militari la necessità di approntare, nel breve termine, la difesa costiera della città. Nel marzo di quello stesso anno viene effettuato il primo sopralluogo a Monte Moro, propedeutico all’installazione di due batterie di grosso calibro. I lavori iniziano in quello stesso 1941 e nel volgere di pochi mesi Genova dispone di quattro nuove installazioni: la 200^ batteria con 3 pezzi da 152/45 e la 251^ batteria con una torre binata da 381/40, entrambe a Monte Moro. La 250^ batteria, anch’essa con una torre binata da 381/40 posizionata ad Arenzano, la 201^ Batteria armata con 3 pezzi da 152/45 sul Monte di Portofino. Tutte sono in carico all’artiglieria del Regio Esercito. Le operazioni di rinnovamento delle batterie impatta anche sulle contraeree. La 15^ batteria viene progressivamente dismessa, le artiglierie da 76/45 smantellate e sostituite dai moderni cannoni da 90/53. Nasce la 604^ batteria contraerea che, nel breve, sarà spostata più a valle per proteggerla dalle incursioni aeree. I successivi mesi di guerra passeranno senza azioni di rilievo. le uniche armi impiegate attivamente sono quelle per la difesa contraerea che intervengono regolarmente a difesa della città. Più di una volta la collina viene fatta oggetto dei bombardamenti aerei alleati. I ben noti avvenimenti del settembre 1943 portano all’abbandono delle postazioni da parte del presidio Italiano. Lasciate sguarnite, le batterie vengono occupate dal personale della marina tedesca. In un articolo giornalistico, questi soldati verranno rinominati «marinai di montagna» ed in effetti così è. Solo in un periodo successivo alla nuova guarnigione tedesca verranno affiancati reparti della Marina Repubblicana, il cui ruolo fu sempre estremamente marginale nella gestione del complesso fortificato. Del resto i rapporti fra i militari germanici e quelli italiani, testimoniati da dettagliati documenti d’epoca, furono quasi sempre ai limiti della reciproca diffidenza. Pur al rallentatore, le operazioni di ampliamento e ammodernamento della batteria proseguono anche negli anni successivi per arrivare al Luglio del 1944 quando sembra palesarsi come reale uno sbarco alleato sulla costa ligure. Proprio in quella estate vengono approntati nuovi elementi di difesa attiva: a Quinto al mare viene sbarrato lo scalo marittimo con una fila di denti di drago, mentre le insenature vengono protetti da possenti bunker in calcestruzzo armato o tramite dei più semplici Tobruk. Due dei cannoni della Batteria da 152mm vengono protetti da una copertura a guscio del tipo M272. Vengono potenziate le difese perimetrali e la batteria contraerea Monte Moro III. In realtà la notizia di un presumibile sbarco sulle nostre coste si rivelò un abile operazione diversiva. Gli Angloamericani sceglieranno le spiagge della Provenza che assaltano a metà agosto dello stesso anno. Probabilmente è in questo stesso periodo che si intensificano le azioni del Servizio Informazioni Partigiano che tendono a raccogliere quante più notizie possibili sulle batterie. Ecco come vengono descritte in un resoconto: 1) sulla vetta di Monte Moro 3 cannoni da 90 A.A presidiati da 60 marinai italiani e 34 tedeschi 2) a metà collina, piazzati a destra del monte per chi volge le spalle al mare N° 2 cannoni navali da 381 presidiati da 15 marinai italiani e da 90 tedeschi. 3) a metà collina sotto la batteria da 90 sono piazzati n° 3 cannoni da 152/40 presidiati da n° 40 marinai italiani e da 60 tedeschi. esiste inoltre a sinistra della batteria da 152 (sempre per chi volge spalle al mare) poste più verso la vetta di M. Moro n° 4 mitragliere da 8mm che battono la strada. Sulla collina immediatamente a sinistra del M. Moro (sempre per chi volge le spalle al mare) è stata piazzata una finta batteria. Tutte le batterie hanno un campo minato che le circonda quasi completamente. Esistono due teleferiche che conducono rispettivamente una dalla strada dietro il cimitero di Quinto alla batteria da 152 e l’altra dal bivio di Nervi alla batteria da 381. Alla stazione della teleferica posta alla base del monte a Quinto è un telefono per mezzo del quale si può comunicare col comando della batteria da 152. Particolari sulla batteria da 152: sono stati presi accordi col comandante italiano della batteria da 152. Il munizionamento è in gallerie sotterranee sotto la roccia (vedi disegno). Vi sono due sentinelle italiane. I cannoni due sono in buncher uno no. (Fonte: Archivio ILSREC). Malgrado il 25 aprile il Generale Günther Meinhold avesse firmato a Villa Migone la capitolazione delle truppe tedesche di Genova, diversi reparti si oppongono alla resa e fra questi quelli di stanza a Monte Moro. I tedeschi, che oppongono un rifiuto categorico ad arrendersi alle formazioni partigiane ma che nel qualtempo non hanno la possibilità di unirsi alle colonne in ritirata verso la Pianura Padana, trovano come unica soluzione quella di asserragliarsi all’interno delle batterie, protette. I primi abboccamenti fra le formazioni partigiane e quelle italo tedesche favoriscono unicamente l’abbandono delle batterie da parte del presidio Italiano. Il 26 aprile, a dimostrare la piena operatività delle artiglierie, le batterie aprono il fuoco su alcune imbarcazioni. Ecco come “Il Secolo Liberale” del 27 aprile raccontò l’azione navale: Granate sulla città da terra e dal mare”: Nel pomeriggio di Ieri, verso le 11,30 (?), due motoscafi inglesi si sono presentati al largo di Genova. La batteria di Monte Moro ha sparato numerosi colpi contro le navi che hanno risposto dirigendo il fuoco verso la zona di provenienza. Alcuni proiettili sono caduti sulla città e hanno causato danni alle persone e alle cose. Un proiettile è penetrato in un ufficio della Previdenza Sociale, in Piazza della Vittoria, uccidendo un impiegato e ferendo altre persone. All’Ospedale San Martino sono stati colpiti i padiglioni 6, 7 e 8. Si lamentano 3 morti e alcuni feriti (Il Secolo Liberale, 27 aprile 1945). Di quel naviglio oggi sappiamo qualcosa di più. Si tratta di tre imbarcazioni inglesi: il Destroyer (cacciatorpediniere) H.M.S. MARNE e due Motor Torpedo Boat (Motosiluranti) che si erano incautamente avvicinate alla costa ritenendo che la città fosse già in mano alle truppe americane. Nei giorni seguenti proseguono incessantemente i negoziati per la resa del presidio IL comando della Piazza e le Sap, Neppure l’intermediazione diretta del parroco di Quinto ottiene qualche risultato tangibile. Nessun risultato neanche dagli americani della 92ª divisione “Buffalo” che ne frattempo erano entrati a Nervi e subito avevano chiesto la resa di Monte Moro. Lo stallo nei negoziati, e l’incertezza nel loro risultato, aveva costretto gli alleati a predisporre un piano alternativo per la conquista delle batterie: un cannoneggiamento da terra e un bombardamento aereo erano già pianificati e operativi. Conscio dell’inutilità di proseguire nella sua personale guerra, alle 15 del 28 aprile il tenente di vascello Weegen dopo una prima trattativa compiuta in una villa privata e proseguita nella Pubblica Assistenza di Nervi, consegna il suo reparto nelle mani del capitano Donald K. Stevens, ufficiale addetto all’intelligence del 473° Reggimento di fanteria dell’U.S. Army. (Qui il filmato con i momenti della resa del comandante di Monte Moro). LEGENDA delle IMMAGINI STORICHE: Nella testata: Soldati americani della Divisione Buffalo ispezionano la batteria da 381 di Monte Moro (Fonte WEB) Fasi finali della resa del presidio di Monte Moro. Il Tenente Weegen comandante tedesco delle batterie, il Capitano Stevens e il Colonnello Goodman della 92^ Buffalo escono dalla pubblica Assistenza di Nervi. (Fonte: da Combat Film /Istituto Luce) La demolizione del muraglione posizionato a Nervi presso la Pubblica Assistenza (Fonte WEB) LIBRI PER APPROFONDIRE L’ARGOMENTO Massimo Rossi Genova 3^ Legione. Storia della difesa contraerea del capoluogo ligure. Edizioni In Sedicesimo Savona 2017 Carlo Alfredo Clerici, Le difese costiere italiane nelle due guerre mondiali, Albertelli Edizioni Speciali, collana Storia MILITARE, Parma 1996. Copyright Progetto Monte Moro 2023 - vietata la copia non autorizzata
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